GIACOMO COSSIO Atto Unico
Atto unico
di Alberto Mattia Martini
Con la mostra Atto unico, Giacomo Cossio vuole far entrare la vita, una porzione di contemporaneità sotto forma di natura, all'interno dello spazio espositivo. Una presentazione che diviene rappresentazione del reale, appartenente al nostro naturale ordinario.
Non siamo infatti al cospetto della natura impervia, lontana dal quotidiano, ma ci troviamo innanzi ad un insieme di piante contenute all'interno di vasi, ad una creazione naturale, che fa parte dell'ambiente a noi più vicino, dei luoghi nei quali viviamo, come per esempio delle nostre abitazioni.
La pianta, il reale che penetra nella nostra esistenza, "si fa" arte: tuttavia essa vuole uscire dal contorno della cornice, vuole scardinare i limiti del circoscritto, della tela, a favore dell'illusione di ciò che non prevede estremità.
Giacomo Cossio una volta posizionate le piante, di varie specie all'interno della galleria, interviene isolando completamente lo spazio, creando una sorta di camera stagna: quella che appunto potrebbe essere concepita come un'ermetica serra contemporanea. Ecco che il colore e la pittura entrano in scena, per un Atto unico indefinito, senza limite e spazio, dove la vernice si traduce in nuvola di pigmento, che avvolge e coinvolge le piante, donandole un'altra identità, pur non stravolgendone o compromettendone l'integrità e la vitalità. Giacomo Cossio compie un atto vicino a quello del ready-made, nel senso dell'utilizzo di un elemento già esistente, in questo caso non in natura, bensì essa stessa natura; tuttavia l'artista qui non ne "snatura" la libertà, perché queste piante sono già nate e pensate per vivere in "cattività".
Il gesto di Cossio, si traduce in performance ed accoglie il senso dell'happening, varcando i confini dell'opera, dilatandone teatralmente lo spazio, ed intervenendo certamente fisicamente e materialmente, ma non indirizzandone totalmente e definitivamente la creazione; egli infatti stabilisce solo l'inizio ma non la fine, in quanto le piante continueranno a crescere e quindi a vivere, estendendosi in un rapporto simbiotico e continuo tra arte e natura.
Attraverso quest'opera, questo atto unico, Giacomo Cossio vuole sottolineare come la natura, oggi più che mai, viene circoscritta a componenti di arredo, ma nonostante ciò essa non rinuncia a se stessa, adattandosi e trasformandosi, trovando nella sua conformazione primaria e nel luogo in cui è collocata, la risposta alla conservazione della specie.
Potremmo dire che il grido di atto assoluto compiuto da quest'opera sia un cortocircuito poetico, dove il colore, pur non dipanandosi sulla sua superficie per eccellenza, e cioè la tela, trova nelle e tra le piante, la simbiosi perfetta. Una verità, che è sia estetica, ma anche poesia, un'espressione radicale, che si avvicina sensibilmente al concetto romantico di Sublime, inteso come azione, atto unico, incontro emozionale tra piacere ed inquietudine; un disorientamento continuo, che provoca un'emozione non indirizzabile, dimostrandoci, se ancora ve ne fosse necessità, di come il naturale sia infinitamente più potente dell'uomo e capace di adattarsi e trasformarsi valicando ogni limite.
di Alberto Mattia Martini
Con la mostra Atto unico, Giacomo Cossio vuole far entrare la vita, una porzione di contemporaneità sotto forma di natura, all'interno dello spazio espositivo. Una presentazione che diviene rappresentazione del reale, appartenente al nostro naturale ordinario.
Non siamo infatti al cospetto della natura impervia, lontana dal quotidiano, ma ci troviamo innanzi ad un insieme di piante contenute all'interno di vasi, ad una creazione naturale, che fa parte dell'ambiente a noi più vicino, dei luoghi nei quali viviamo, come per esempio delle nostre abitazioni.
La pianta, il reale che penetra nella nostra esistenza, "si fa" arte: tuttavia essa vuole uscire dal contorno della cornice, vuole scardinare i limiti del circoscritto, della tela, a favore dell'illusione di ciò che non prevede estremità.
Giacomo Cossio una volta posizionate le piante, di varie specie all'interno della galleria, interviene isolando completamente lo spazio, creando una sorta di camera stagna: quella che appunto potrebbe essere concepita come un'ermetica serra contemporanea. Ecco che il colore e la pittura entrano in scena, per un Atto unico indefinito, senza limite e spazio, dove la vernice si traduce in nuvola di pigmento, che avvolge e coinvolge le piante, donandole un'altra identità, pur non stravolgendone o compromettendone l'integrità e la vitalità. Giacomo Cossio compie un atto vicino a quello del ready-made, nel senso dell'utilizzo di un elemento già esistente, in questo caso non in natura, bensì essa stessa natura; tuttavia l'artista qui non ne "snatura" la libertà, perché queste piante sono già nate e pensate per vivere in "cattività".
Il gesto di Cossio, si traduce in performance ed accoglie il senso dell'happening, varcando i confini dell'opera, dilatandone teatralmente lo spazio, ed intervenendo certamente fisicamente e materialmente, ma non indirizzandone totalmente e definitivamente la creazione; egli infatti stabilisce solo l'inizio ma non la fine, in quanto le piante continueranno a crescere e quindi a vivere, estendendosi in un rapporto simbiotico e continuo tra arte e natura.
Attraverso quest'opera, questo atto unico, Giacomo Cossio vuole sottolineare come la natura, oggi più che mai, viene circoscritta a componenti di arredo, ma nonostante ciò essa non rinuncia a se stessa, adattandosi e trasformandosi, trovando nella sua conformazione primaria e nel luogo in cui è collocata, la risposta alla conservazione della specie.
Potremmo dire che il grido di atto assoluto compiuto da quest'opera sia un cortocircuito poetico, dove il colore, pur non dipanandosi sulla sua superficie per eccellenza, e cioè la tela, trova nelle e tra le piante, la simbiosi perfetta. Una verità, che è sia estetica, ma anche poesia, un'espressione radicale, che si avvicina sensibilmente al concetto romantico di Sublime, inteso come azione, atto unico, incontro emozionale tra piacere ed inquietudine; un disorientamento continuo, che provoca un'emozione non indirizzabile, dimostrandoci, se ancora ve ne fosse necessità, di come il naturale sia infinitamente più potente dell'uomo e capace di adattarsi e trasformarsi valicando ogni limite.