ROSFER & SHAOKUN Visioni per inciso
Rosfer & Shaokun – Visioni per inciso
Testo di Denis Curti
Rosfer e Shaokun sono complici e meditano sul potere. La loro riflessione si riferisce al contesto della Cina contemporanea, di cui offrono uno spaccato attraverso opere sintetiche, schematiche e incredibilmente aperte verso i grandi temi della contemporaneità. I loro lavori, infatti, condensano in singole immagini tecniche differenti, fotografiche e pittoriche, e raccontano una realtà complessa attraverso un’articolazione simbolica molto ricca benché concentrata nello spazio dell’inquadratura.
La coppia di artisti non cerca scorciatoie linguistiche, oltrepassa tutte le definizioni di genere fotografico e si distingue per la quantità umana presente in ogni singolo scatto, in ogni preciso segno grafico.
Il ragionamento progettuale si distingue per la lucidità compositiva. C’è un estetica di riferimento che sfugge di continuo: imprendibile e in questo senso unica.
La figura della donna è sempre al centro dell’indagine. In Bureaucratic Beauty, una coppia di trittici, questa è dapprima vestita con abiti tradizionali, poi indossa collarino e orecchie tipiche delle celebri testimonial di Playboy. Qui si parla di omologazione, determinata dall’adesione ai codici tradizionali, un tempo, e al modello americano, oggi. In entrambi i casi è il volto della protagonista a garantire una via d’uscita: le sue smorfie sono l’iperbole dell’individualità ed esprimono l’urgenza della distinzione. Shaokun sta di fronte all’obiettivo e allo stesso tempo è attore principale del processo creativo: la forza di queste opere, allora, sta nell’essere strumenti di un effettivo processo di emancipazione e non soltanto un suo riflesso o un suo racconto. Sono vive, incisive, gettate sulla scena dell’arte così come nel teatro sociale e politico.
Nelle altre serie sono sviluppati argomenti simili: 1980, My World esprime il senso d’inadeguatezza di un’intera generazione di cinesi bruscamente calata in un nuovo sistema di valori modellato sullo schema occidentale. Adv art utlizza provocatoriamente il linguaggio pubblicitario per la definizione di prototipi identitari, mentre Postcode Lady approfondisce attraverso una coppia di immagini la questione della censura: nella prima un corpo femminile rimane parzialmente inscritto nel riquadro di un francobollo (lo Stato), correndo il rischio di essere presto coperto e annullato; la seconda mostra lo stesso soggetto sovrascritto dalla sua stessa firma. E’ la dichiarazione di un’individualità. La firma, si sa, attesta una e una sola identità. E’ strettamente personale. Si appone sui documenti, come lo sono queste opere, insieme visioni soggettive e attestati inconfutabili di un contesto in costante, rapido mutamento, il quale rimane l’unica certezza al di là di ogni giudizio di valore.
A chiudere il percorso espositivo, altre tre immagini intitolate slogan uno, due e tre.
La prima si riferisce al Capodanno Cinese ed è la sintesi perfetta di un pensiero ricorrente, quasi ossessivo, nei confronti della comunicazione ufficiale che sembra non stancarsi mai di suggerire la ‘giusta via’ da seguire nella vita quotidiana.La seconda riflette sulle promesse mancate. Agli impegni dichiarati che poi vengono regalmente smentiti. La terza punta il dito sul tema della discriminazione nei confronti di tutti i cinesi nati fuori dalla giurisdizione pechinese.
Testo di Denis Curti
Rosfer e Shaokun sono complici e meditano sul potere. La loro riflessione si riferisce al contesto della Cina contemporanea, di cui offrono uno spaccato attraverso opere sintetiche, schematiche e incredibilmente aperte verso i grandi temi della contemporaneità. I loro lavori, infatti, condensano in singole immagini tecniche differenti, fotografiche e pittoriche, e raccontano una realtà complessa attraverso un’articolazione simbolica molto ricca benché concentrata nello spazio dell’inquadratura.
La coppia di artisti non cerca scorciatoie linguistiche, oltrepassa tutte le definizioni di genere fotografico e si distingue per la quantità umana presente in ogni singolo scatto, in ogni preciso segno grafico.
Il ragionamento progettuale si distingue per la lucidità compositiva. C’è un estetica di riferimento che sfugge di continuo: imprendibile e in questo senso unica.
La figura della donna è sempre al centro dell’indagine. In Bureaucratic Beauty, una coppia di trittici, questa è dapprima vestita con abiti tradizionali, poi indossa collarino e orecchie tipiche delle celebri testimonial di Playboy. Qui si parla di omologazione, determinata dall’adesione ai codici tradizionali, un tempo, e al modello americano, oggi. In entrambi i casi è il volto della protagonista a garantire una via d’uscita: le sue smorfie sono l’iperbole dell’individualità ed esprimono l’urgenza della distinzione. Shaokun sta di fronte all’obiettivo e allo stesso tempo è attore principale del processo creativo: la forza di queste opere, allora, sta nell’essere strumenti di un effettivo processo di emancipazione e non soltanto un suo riflesso o un suo racconto. Sono vive, incisive, gettate sulla scena dell’arte così come nel teatro sociale e politico.
Nelle altre serie sono sviluppati argomenti simili: 1980, My World esprime il senso d’inadeguatezza di un’intera generazione di cinesi bruscamente calata in un nuovo sistema di valori modellato sullo schema occidentale. Adv art utlizza provocatoriamente il linguaggio pubblicitario per la definizione di prototipi identitari, mentre Postcode Lady approfondisce attraverso una coppia di immagini la questione della censura: nella prima un corpo femminile rimane parzialmente inscritto nel riquadro di un francobollo (lo Stato), correndo il rischio di essere presto coperto e annullato; la seconda mostra lo stesso soggetto sovrascritto dalla sua stessa firma. E’ la dichiarazione di un’individualità. La firma, si sa, attesta una e una sola identità. E’ strettamente personale. Si appone sui documenti, come lo sono queste opere, insieme visioni soggettive e attestati inconfutabili di un contesto in costante, rapido mutamento, il quale rimane l’unica certezza al di là di ogni giudizio di valore.
A chiudere il percorso espositivo, altre tre immagini intitolate slogan uno, due e tre.
La prima si riferisce al Capodanno Cinese ed è la sintesi perfetta di un pensiero ricorrente, quasi ossessivo, nei confronti della comunicazione ufficiale che sembra non stancarsi mai di suggerire la ‘giusta via’ da seguire nella vita quotidiana.La seconda riflette sulle promesse mancate. Agli impegni dichiarati che poi vengono regalmente smentiti. La terza punta il dito sul tema della discriminazione nei confronti di tutti i cinesi nati fuori dalla giurisdizione pechinese.