MARCELLO CHIARENZA LeggerePoesie



La scultura, nel mondo contemporaneo, costituisce un linguaggio artistico estremamente vario.
Le masse e gli spazi, il vuoto e le linee, i colori e le patine composti ed assemblati con materiali nuovi o antichi ed anche con materiali usati e riciclati, hanno portato negli ultimi decenni il concetto di scultura a coprire infinite figurazioni e scenografie,fino ad arrivare alla nascita di oggetti che, alla fine, in certi artisti piu’ che delle sculture sono diventate delle creature. Ed io, dopo quaranta anni di collezionismo, pensavo di essere oramai vaccinato ai ‘’coup de coeur’’pensando che migliaia di persone incontrate mi avessero già dato l’opportunità’ di scegliermi tanti amici e che migliaia di opere d’arte, viste e in parte acquistate, mi avessero offerto abbastanza emozioni.
In tanti anni raramente mi era capitato di fermarmi davanti ad un’opera d ‘arte ,restando immobile e senza fiato . Sì, qualche volta, nei musei, di fronte a capolavori immensi, mi era capitato quel sintomo, studiato anche in medicina e che chiamano, non so bene perché, la sindrome di Stendhal, ma quasi mai mi era capitato in un luogo dove non te lo aspetti.
Però ,se e quando ti capita, te lo ricordi.
Cosi ricordo bene quando mi e’ successo un’altra volta. Ero un ragazzo ed erano i primi anni 70, quando, inaspettatamente, in un giardino sul lago d’Orta, in una limpida e ventosa giornata primaverile, ho visto emergere maestosa una scultura che ho poi scoperto essere il ’’ passaggio della luna’’, di Fausto Melotti. Che grande, grandissima emozione! Allora ero un giovane rompipalle, amante del bello, e tanto feci che il proprietario dell’opera, amico mio e di Melotti, mi fece arrivare fino nel suo studio, a Milano in via Leopardi. Quanti fantastici pomeriggi ho passato da quel giorno ,seduto in quello studio a vederlo lavorare! Che gioia veder nascere dal suo sorriso e dalle sue mani alcuni dei capolavori che oggi riconosco qua o là.
E, dopo quasi quaranta anni, un pomeriggio a Milano, grazie a Giancarlo Pedrazzini che mi aveva invitato ad un evento alla storica Fonderia Battaglia , gironzolando un po’ annoiato tra importanti opere ed ancor piu’ rinomati scultori, ho visto in un angolo ,quasi nascosta, una piccola scultura di un artista, fino ad allora a me assolutamente sconosciuto, ed ho avuto un inaspettato sussulto! Altro che un sussulto, un ‘’coup de coeur’’! Ho cercato di conoscere l’autore di quell’opera; era Marcello Chiarenza.
Giancarlo era poi riuscito a farmi acquistare l’oggetto del mio interesse ed io, felice, l’avevo portato in campagna, tra decine di vecchi amici (oggetti, quadri e qualche creatura) sparsi in quella casa a rallegrare le mie serate. Pochi giorni dopo un carissimo amico, illuminato collezionista di capolavori, s’immobilizzò davanti allo stesso oggetto guardandolo emozionato esattamente come era successo a me , a Milano.
Gli raccontai la casualità dell’incontro, la strana sensazione di stordimento che avevo avuto anch’io e l’acquisto della scultura.
Non ci fu verso, volle conoscere subito anche lui l’autore e, dopo il primo incontro, senza quasi vedere altre sue opere, mi disse una cosa bellissima: ‘’pensavo di aver chiuso una lunga esperienza di emozionanti acquisti e scoperte di capolavori ma forse Marcello è riuscito a riaccendere quell’entusiasmo sopito. Oggi ho risentito la felicità di un tempo.’’E quel giorno , iniziò , cosi e per caso, per entrambi, anche una bellissima e nuova amicizia.
Il resto è accaduto in un’estate passata casualmente da tutti, compreso Marcello, nelle vicinanze del lago Maggiore.
Un’estate piena di momenti emozionanti per la gioia di incontrarci, di conoscerci , di chiacchierare, di mangiare insieme sotto l’ombra di un pergolato vicino al lago e di scoprire, Giorgio ed io, le cose geniali che Marcello aveva fatto per le sue regie teatrali in venti anni. Cose fatte , perlopiù , di legno e quindi sparite o bruciate negli spettacoli in riva al mare ed in giro per le piazze del mondo, dopo che per un attimo e per pochi spettatori avevano vissuto la loro fantastica vita.
Scrive di lui G. Camuri ( in’’ Immagini per una poetica del creato’’) ’’tra le forcelle dei rami che Marcello trova, si celano forme incompiute che presagiscono pienezza di corpi, coerenza e compiutezza di esseri ben altrimenti piu’ solidi . Nelle foglie, nei rami, nei frutti, fin anche nei semi e nelle radici, stazionano da tempo immemorabile immagini dell’origine dell’universo e dell’uomo, delle ragioni dell’esistere e del morire. I semi e le foglie sono per Marcello naturali velieri dell’aria, sospinti in viaggi lontani sul mare del simbolismo lungo le rotte tracciate dal pensiero creativo. Dalle forcelle raccolte da Marcello, nascono potenti metafore arboree, animali fantastici che evocano gli aspetti piu’ arcani e vitali dell’esistenza e del mondo, le tensioni ascetiche e i contrasti inquietanti che albergano nell’animo umano. Lui sa condurti per mano ed avvicinarti al cuore delle cose ’’.
Questo accade perché il messaggio di Marcello arriva dalle profondità abissali del pozzo della memoria umana , come in un intimo, personale bisogno di andare oltre la materia, verso qualcosa di sconosciuto e di piu’ profondo, come le sue stelle che cadono dal cielo in una magica rete che lui raccoglie e offre ai suoi spettatori.
Ed io, nel frattempo, piu’ conoscevo Marcello e piu’vedevo le cose fatte da lui, piu’ riscoprivo un linguaggio e delle emozioni conosciute in altri tempi ed ormai dimenticate.
Incominciammo insistentemente a chiedergli di farci conoscere ,prima ,e di rifarci, subito dopo, alcune delle opere andate perdute. Si ho detto rifarle perché le sue opere non hanno bisogno di essere datate. Marcello ha quella forza che Sigmund Freud chiamava ‘’quelle particolari conoscenze dello spirito che hanno gli artisti , ottimi soggetti di studio della psicanalisi, che sorpassano di gran lunga quelle di noi comuni mortali , perché attingono a fonti che non sono ancora state aperte dalla scienza.’’Marcello non osserva piu’ le cose come sono, ma le mette direttamente in contatto con la propria anima, parla agli oggetti e riesce a trarne la loro piu’ intima essenza. Questa è la forza con cui un giorno gli ho visto trovare pochi rametti secchi e trarne un vero capolavoro, che non mi stancavo mai di guardare.
Rividi cosi, improvvisamente, in quell’estate, me stesso quarant’anni prima e le stesse emozioni provate allora in via Leopardi rivennero prepotentemente a galla.
Nel frattempo la mia casa di campagna si riempiva, giorno dopo giorno , di oggetti incredibili, uno piu’ bello dell’altro, e il mio amico Giorgio sembrava impazzito di gioia anche lui. Quell’estate facemmo a gara a chi scopriva per primo un’opera nuova, e Marcello, sorridente, ci faceva essere spettatori partecipi della nascita di queste creature.
Ricordo che Melotti mi diceva ‘’questo è un gioco che, quando riesce, è poesia’’! Aveva ragione il mio grande amico, ma allora, forse, ero troppo giovane per capire la profonda verità delle sue parole.
E questo è vero anche per Marcello. Giorgio ed io mettevamo in casa queste sue opere vicino a quelle di questi grandi artisti e scoprivamo che stavano meravigliosamente bene, come se fossero state creature amiche da sempre. Perché ogni opera d’arte è una cosa viva, che ti parla, se solo sai ascoltarla e, anche loro, una volta messe li, vivono la loro vita, e, come accade in un gruppo di amici, si accorgono se, tra di loro, entra un estraneo . Bene, le opere di Chiarenza stavano nel gruppo come se fossero stati amici da sempre. Vedevo in tutta la sua opera scultore a un altro meraviglioso miracolo dell’arte.
E, come doveva capitare, un giorno mi chiesi cosa potessero avere in comune Fausto Melotti e Marcello Chiarenza?
La risposta non si è fatta attendere perché io, che ho avuto la fortuna e il privilegio di vederli lavorare entrambi ,ho dovuto constatare, con molta franchezza, che i due partono da posizioni cosi distanti che ad un primo sguardo nulla li avvicina. Innanzitutto perché il primo ha scelto di studiare da ingegnere mentre il secondo e’diventato un architetto , e l’originale scelta degli studi e’di per se chiarificatrice di un diverso spirito iniziale.
Ma pur non avendo partenze uguali arrivano ,entrambi dopo altre esperienze, a dei risultati plastici cosi elevati a cui solo il tempo darà il vero valore assoluto.
Esprimono entrambi una diversa temporalità, scandita con l’orologio dell’anima del mondo, che non tutti riescono a vedere. Perché entrambi si danno all’arte con un’apertura concettuale cosi ampia e cosi marcatamente proiettata in una prospettiva di ricerca della forma e dell’afflato con cui l’universo e’ stato costruito, che si spingono alla ricerca di delicati equilibri fino ai limiti consentiti dalla fisica ,cercando forme sempre piu’ sottili che rievocano immagini custodite dal respiro del tempo e dalla memoria spirituale tramandataci dai miti e dalle fiabe .
Incredibile intelligenza del creatore e grande gioia di chi sa comprendere questi messaggi.
Però, in quest’astrazione e semplificazione (mai semplicistica) della realtà , Fausto Melotti giocava, si giocava , a costruire un suo mondo personale , nel modo concreto che aveva di riuscire a trasferire il significato illimitato di uno spazio totale dal tempo allo spazio scultoreo, riducendo l’elemento sensoriale in sottigliezze, esattezze ed immaterialità che prendevano spunto dal bisogno di equilibrio e musicalita’ assoluta che lo animava al punto di arrivare a chiamare poi le sue opere: contrappunti, preludi, dissonanze armoniose, concerto ad hide park, opera per pianoforte e corno, tema ,toccata e fantasia o ,prendendo anche lui spunto dai teatri del mondo, teatrini, viaggio, circo, festa della luna, universo. Cosi che, dai primi gessi ai teatrini di ceramica e pezza fino alle sue ultime opere in ottone e nastrini traeva gioia e respiro per se stesso e sogni ed emozioni per gli altri , grazie a piacere intellettuale che questa sua arte offre.
Marcello non parte mai da un gioco, è un architetto e, di fatto, è un grande scenografo e un raffinato regista teatrale. Quando scrive le opere per i suoi piccoli spettatori (fa teatro per ragazzi dai tre ai sette anni) deve creare delle ambientazioni magiche che tengano miracolosamente attaccati alle sedie questi spettatori impazienti ed esigentissimi. Chiarenza riesce a mettere insieme aria, acqua, fuoco e terra e, come in una nuova fucina del mondo,con i suoi strumenti e le sue parole sa far nascere ,da ancestrali e pur sempre nuovi equilibri, grandi sogni .
Ogni suo oggetto parte da un teatro (il mondo) dove il messaggio per lo spettatore viene costruito con il magico volo di una medusa, con un uccello di piume che vola veramente , con una foresta incantata che nasce da e su un povero tavolo da lavoro, con l’equilibrio di un soffio, con una lama di luce che esce da dove meno te lo aspetti , con un fuoco che sale nel cielo stellato di una spiaggia d’estate, da una cornice che non contiene nulla ma che ti fa vedere dall’altra parte tutto l’universo, perche’ di li passa l’infinito, come diceva Lucio Fontana dei suoi tagli , e non c’e’ bisogno di aggiungere altro .
Tutto questo accade perché in Marcello tutto e’ visto e percepito in chiave emozionale ed educativa per i suoi piccoli , grandi , esigentissimi spettatori.
Le sue installazioni sono state pensate molto spesso per essere realizzate in spazi aperti, sono opere che sono state utilizzate dai suoi attori sulle spiagge o su piazze, in riva a fiumi e laghi, nei ruderi di una chiesa distrutta dal terremoto o sono state poste a lato di una madonna d’oro in una processione pasquale.
Che pulizia d’idee, che grandi emozioni riesce a creare con poco o nulla.
Le sue opere ,a cui anche lui da sempre un nome come Melotti, sembrano quasi nascere e dover morire, cosi fragili, in un momento, abbandonate su una spiaggia e volate via nel vento, nell’emozione di un attimo. Ma non e’ vero !! Non è vero perche’ Marcello te le scolpisce nel cuore! Lui non si sente messaggero di verità, a modo suo non si sente neppure uno scultore, non aspira a un posto nella storia dell’arte (ma le sue opere lo smentiscono e ci parlano per lui) lui che invece forse voleva solo stupire (come e quanto sarebbe piaciuto a Fellini, perché entrambi ti afferrano per mano e ti portano prepotentemente nel loro mondo incantato, al limite tra realtà e sogno ) la sua giovane ed esigente platea, lasciando in questi piccoli spettatori un gioioso ricordo ed un profondo insegnamento del mondo che si accingono ad affrontare.
La natura gli ha dato il grande dono dell’essenzialità’!
La sua ricchezza e la sua meravigliosa semplicità le ho trovate condensate in un suo scritto, una sua opera teatrale intitolata : ’’il silenzio del tempo’’ in cui ci fa riflettere su una profonda verità: ’’… oggi, i rumori sono fatti per coprire il silenzio del tempo….. e quando anche il silenzio fosse costante come i rumori di oggi, sarebbe ancora piu’ assordante , perché il silenzio te lo devi portare dentro. Il rumore, in fondo, ti consola perché, in questo casino, non sente.. niente…. nessuno…..!!!’’ Come sei bravo, Marcello!
E, visto che a questo punto avrete un po’ di curiosità, fermatevi, vi prego, un solo attimo a osservare le sue opere in silenzio; guardatele attentamente ed aspettate a giudicarle magari per quello che pesano; osservatele bene queste eteree creature e , vi assicuro , anzi vi auguro, di sentire nascere in voi il loro vero peso, la loro vita e la loro sorprendente e serena forza, anzi sono sicuro che sentirete esplodere queste meravigliose sensazioni dentro di voi.
Scoprirete cosi, come ho fatto io, che le emozioni che vi lasceranno nel cuore queste leggere sculture di Marcello Chiarenza non vi abbandoneranno mai, e che, come un vero amico, le porterete sempre con voi e loro vi aspetteranno dove le avrete lasciate, sicuramente con amore.